Che cos’è la fibrillazione atriale?
La fibrillazione atriale (FA) è l’aritmia cardiaca più frequente, con una prevalenza dell’1-2% della popolazione; la probabilità di soffrire di questa questa condizione aumentano con l’avanzare dell’età in particolare dopo i 60 anni.
Normalmente il ritmo cardiaco viene determinato da una area definita nodo seno atriale, localizzato nell’atrio destro. Questa area scandisce il ritmo cardiaco, generando un impulso che si propaga negli atri e raggiunge poi i ventricoli tramite il nodo atrio-ventricolare, determinando la contrazione delle aree cardiache che vengono a mano a mano raggiunte dall’impulso elettrico.
Nella fibrillazione atriale l’attività elettrica degli atri è completamente disorganizzata e non corrisponde a una contrazione meccanica efficace. Infatti l’attivazione elettrica degli atri non è più coordinata ma è caratterizzata da micro-contrazioni caotiche e casuali delle pareti: da qui il termine “fibrillazione atriale”. Questa attivazione velocissima e caotica arriva poi al nodo atrioventricolare, che esercita una funzione di filtro e ne trasmette ai ventricoli un numero limitato, che corrisponde alla frequenza cardiaca rilevata durante l’elettrocardiogramma o al polso.
La variabilità della conduzione tra le camere cardiache fa sì che i ventricoli si contraggano in maniera irregolare. La contrazione irregolare e rapida delle camere cardiache determina l’irregolarità del volume di sangue espulso ad ogni contrazione ventricolare (sistole) e stagnazione del sangue nelle camere atriali. Questi due aspetti sono alla base delle due principali complicanze associate alla fibrillazione atriale: lo scompenso cardiaco e l’aumentato rischio tromboembolico.
Come si diagnostica e si classifica la fibrillazione atriale?
La fibrillazione atriale si diagnostica tramite un Elettrocardiogramma (ECG), caratterizzato da assenza di onde P (assenza di contrazione organizzata atriale) ed irregolarità degli intervalli R-R (irregolarità di contrazione dei ventricoli).
Tuttavia l’ECG registra il battito cardiaco per pochi secondi, mentre viene eseguito. Da qui nasce il problema di documentare l’aritmia quando è presente, per questo si utilizzano sistemi di registrazione elettrocardiografica prolungata detti Holter ECG (che possono durare da da 24 ore a più giorni), Loop Recorder Impiantabili (ILR) che registrano il battito cardiaco per diversi anni o recentemente, tramite la lettura dell’ECG permesso da alcuni smartwatch.
In base alla durata dell’aritmia, la fibrillazione atriale viene classificata in:
Fibrillazione atriale parossistica: forma caratterizzata dall’interruzione spontanea dell’aritmia, generalmente entro 7 giorni, per lo più entro 24-48 ore;
Fibrillazione atriale persistente: l’aritmia si protrae oltre i 7 giorni e non si interrompe spontaneamente ma solo con interventi terapeutici (cardioversione farmacologica od elettrica);
Fibrillazione atriale permanente o cronica: forma nella quale si desiste dal tentativo di ripristinare il ritmo sinusale (fisiologico) e si punta al controllo della frequenza cardiaca determinata dalla aritmia.
Nei prossimi post approfondiremo insieme
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